Smart working e Regioni
Un monitoraggio effettuato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome lo scorso mese di dicembre 2020 ha rivelato che più del 72% delle Amministrazioni regionali sono riuscite a organizzare e incrementare il lavoro in smart working. Tutto ciò in attesa del 31 gennaio quando terminerà il periodo di emergenza nazionale e si dovrà provvedere ad altre azioni, presumibilmente con accordi individuali.
Nel corso di questi mesi, con propri atti regolamentari, le Regioni sono riuscite a disciplinare e incrementare il ricorso allo smart working. Ad esempio, c'è chi come la Regione Lazio ha pensato a una struttura dedicata al lavoro agile, con degli spazi innovativi concepiti come luoghi di integrazione, scambio e condivisione tra colleghi e tra dipendenti di molteplici realtà, comprese quelle sociali e private, aumentando peraltro la produttività. O come la Regione Puglia, nella quale il lavoro digitale ha incrementato la produzione degli atti amministrativi e dove l'organizzazione di una rete istituzionale ha permesso l'apertura ai contributi provenienti dall'universo sociale e privato.
Come affermato dal presidente di Aran, Antonio Naddeo, gli interventi precisi normativi effettuati sono riusciti a far attivare il lavoro a distanza in pochissimi giorni. Una capacità di riorganizzazione che spinge verso il lavoro del futuro, tenendo sempre presente, dice il presidente Naddeo "che lo smart working è pur sempre una modalità del lavoro che non può prescindere dall'autonomia organizzativa. Che comunque è stato colto un elemento importante di semplificazione del lavoro e di riduzione del personale. Non è la soluzione di tutti i problemi della Pubblica Amministrazione, ma si sono poste le basi per inserire una nuova classe dirigente più giovane e innovativa per far ripartire in modo più efficiente la macchina pubblica per i cittadini".
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