Nuova edizione - N° 276 del 15 ottobre 2018
Open data al palo

Nonostante una legislazione all'avanguardia che invita tutte le Pubbliche Amministrazioni a rilasciare i dati per essere liberamente usati, riutilizzati e ridistribuiti da chiunque ne abbia interesse, in Italia gli open data stentano ancora a decollare. Tra i Comuni - che detengono una parte consistente dei dati di interesse pubblico - solo uno su tre pubblica dati in formato open. E quando avviene, questo è percepito dagli Enti più come un obbligo normativo che un'opportunità, perché si fatica a comprenderne la reale utilità. I dati sono di bassa qualità, poco accessibili, non uniformi per un utilizzo a livello nazionale, e così l'80% dei Comuni non riscontra alcun impatto positivo dalla pubblicazione di open data e il 55% li ritiene addirittura inutili o poco utili per la crescita del tessuto imprenditoriale.
Sono i risultati di una ricerca dell'Osservatorio eGovernment ("Open Data: a che punto siamo?") che mostrano un Paese dove la pubblicazione di dati aperti stenta a decollare. La ricerca ha provato a classificare i Comuni sulla base delle dimensioni utilizzate dal DESI (Digital Economic Society Index) che misura il grado di maturità dei Paesi europei. Secondo questo indice, che a livello europeo considera solo iniziative nazionali e, nonostante le criticità espresse dalla ricerca, l'Italia si posiziona tra le prime in Europa in campo open data.

Secondo l'analisi dell'Osservatorio su 731 Comuni italiani, solo il 37% ha già pubblicato dati in formato open. Una percentuale che cambia notevolmente a seconda del numero di abitanti dell'Ente: arriva all'86% tra i Comuni con più di 50mila abitanti, scende al 28% per quelli sotto i 5.000 abitanti. L'indagine evidenzia molta incertezza sull'utilità di pubblicare i dati: la maggioranza degli Enti ritiene che siano utili soprattutto a monitorare l'operato dell'Amministrazione da parte dei cittadini, mentre la crescita del tessuto imprenditoriale è considerata inutile o poco utile dal 55% dei Comuni. Ne consegue che il 60% dei Comuni non ha registrato alcun impatto positivo sul territorio a seguito della pubblicazione.

Come si comportano gli Enti locali? Circa il 59% dei Comuni, la maggior parte di piccole o piccolissime dimensioni, si trova nei gruppi più arretrati: il 29% nel gruppo dei 'Beginner' (quelli che si sono appena affacciati agli open data, iniziando a pubblicare i primi dataset e a definire ruoli e responsabilità), il 30% in quello dei 'Follower' (che hanno iniziato a pubblicare i primi dati di qualità, anche con una struttura organizzativa nulla o insufficiente a supporto, e hanno generato scarsi impatti sul territorio). C'è poi un 34% di Comuni, equamente distribuiti sulle diverse fasce dimensionali, 'Fast-Traker': enti abbastanza maturi per numero e qualità dei dataset pubblicati e/o per qualità dell'organizzazione a supporto del processo di gestione dei dati, che devono ancora migliorare per ottenere impatti significativi sui propri territori di riferimento. Infine, il 7%, quasi tutti al di sopra dei 50.000 abitanti e nessuno al di sotto dei 10.000, rientra nel gruppo dei 'Trendsetter' con un adeguato livello di organizzazione e qualità del dato.

Che tipo di dati pubblicano i Comuni italiani? Nel 71% dei casi sono dati di amministrazione (dipendenti comunali, risultati elezioni, bilanci, spese e acquisti, bandi pubblici), nel 25% del territorio (topografia, vincoli ambientali, piani comunali), nel 20% tributi (Tari, Imu, Tarsu), nel 18% sport, cultura e tempo libero (associazionismo, musei, biblioteche, luoghi ed eventi culturali, centri sportivi, eventi sportivi), nel 17% sulla popolazione residente (numero di abitanti, di stranieri, di giovani/anziani): non ci sono categorie di dati pubblicati da tutti i Comuni in modo uniforme che impedisce l'utilizzo possibile a livello nazionale. Inoltre, i dati sono poco accessibili: la maggior parte dei Comuni li pubblica nella propria sezione trasparenza (83%) o sul sito istituzionale in una sezione ad hoc (33%), solo l'8% sul sito open data della regione e solo il 2% sul sito open data.

Dicono gli Enti che i principali ostacoli per gli open data sono la scarsità di competenze interne (50%), la mancanza di personale interno (42%), le ridotte risorse economiche da dedicare (24%) e il poco interesse della componente politica (23%). Evidenziata anche la bassa conoscenza di ciò che è opportuno pubblicare (20%) e la mancanza (o la non conoscenza) di standard (16%).

"Nei Comuni italiani appaiono assenti visione strategica e modelli organizzativi per la pubblicazione degli open data – spiegano i responsabili di ricerca. Nel 76% degli Enti non è presente una figura o un gruppo di supporto specifico per la pubblicazione di open data e il 92% non ha un piano di rilascio". Manca infine una conoscenza operativa specifica delle iniziative portate avanti a livello nazionale: il 64% dei Comuni che pubblicano open data non conosce l'esistenza dello standard DCAT_IT per le ontologie, il 74% non sa cosa sia il Data and Analytics Framework (DAF).

www.osservatorio.net




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