A primavera tutto rinasce e tutto si rinnova. Ad eccezione di qualcuno che nella foresta dei luoghi comuni, appollaiato sul ramo più alto dell'albero della referenzialità ripropone l'annuale "delenda est" nei confronti della Legge 150.
L'incipit dell'intervento del 2008 è imperdibile: "Otto anni fa, di notte, con una ventina di deputati presenti, il Parlamento ha varato la Legge 150 esplicitamente aderendo a pressioni provenienti dall'Associazione italiana dei comunicatori pubblici e dall'Ordine dei giornalisti".
Come non apprezzare, oltre alla consueta sobrietà di linguaggio, il profondo rispetto per le Istituzioni e l'evidente desiderio di "dialogare" con le altre Associazioni.
A proposito di quella notte occorre però dire che le cose furono molto più drammatiche. Un gruppo di giornalisti e comunicatori pubblici, travestiti da camerieri, avevano occupato, sin dalle prime ore del pomeriggio, la buvette di Montecitorio impedendo ai parlamentari l'abbandono dell'aula.
Intanto nella Padania i portavoce davano una scaldatina a ben trecentomila fucili e orde di rom a cavallo convergevano verso la stazione Termini.
Dal sud venivano segnalati i primi assalti (ancora in corso) alle discariche mentre reparti di urpisti emiliano romagnoli della "McLuhan Force" al grido di "We can" bloccavano l'autostrada a Roncobilaccio prendendo in ostaggio un gruppo di partecipanti al convegno "Better a consultancy today than a reform tomorrow" (meglio una consulenza oggi che una riforma domani) che rientravano a casa.
Alle prime luci dell'alba,mentre sul cielo della capitale volavano i primi cacciabombardieri della FNSI, il Parlamento, stremato, era costretto a cedere di fronte a tanta premeditata violenza.
Si consumava così una delle pagine più cupe della democrazia italiana dopo l'esclusione delle sorelle Lecciso dal Festival di Sanremo.
Così non è andata e la realtà è stata molto meno epica. La Legge 150 fu approvata in maniera bipartisan (non ricordiamo l'ora e neppure se quel giorno piovesse) perché non era più ammissibile che la Pubblica Amministrazione, la più grande azienda italiana per risorse, servizi e dipendenti, non avesse una propria autonoma normativa in questo settore e perché era sempre più ingiustificabile il ricorso sistematico a consulenze di ogni genere e colore.
Comunque le migliaia di pubblici dipendenti che hanno investito il proprio futuro nel campo della comunicazione pubblica, oggi hanno un prezioso documento che spiega benissimo perché vecchi lobbysti e nuovi conformisti osteggino la Legge 150.
Questi signori hanno l'idea di una Pubblica Amministrazione come luogo di poche, pochissime competenze e di molte, moltissime consulenze e quindi ben vengano pubblicati su Internet i costi che gli italiani stanno pagando a questa cultura da prima Repubblica.
I comunicatori pubblici non tireranno nessun ministro per la giacchetta avendo forte il rispetto per le Istituzioni e il senso di servizio verso i cittadini e avendo, da sempre, una certezza che, con la stessa apprezzabile franchezza del ministro Brunetta, vogliamo ricordare: la Pubblica Amministrazione ostaggio delle corporazioni è ancora più inaccettabile della Pubblica Amministrazione ostaggio della burocrazia.